Premetto che, in questo momento, l’ultimo dei problemi che possono interessare gli italiani è quello che riguarda la segreteria regionale del Partito Democratico del Lazio.
I cittadini hanno altri problemi. L'Italia e' fatta di giovani che hanno il problema del lavoro e devono ancora chiedere i soldi ai propri genitori, semmai pensionati. Di pensionati che hanno il problema di non riuscire a vivere una vecchiaia serena. Di genitori che hanno il problema di non avere asili nido pubblici per i loro figli, oppure di dover mandare i propri figli in scuole ormai spogliate di tutto. Di insegnanti precari che sono ridotti a fare lo sciopero della fame per rivendicare il proprio diritto di lavorare e di insegnare. Di operai costretti a salire sui tetti delle fabbriche per farsi ascoltare. Di malati che non vengono curati nel migliore dei modi.
Potrei continuare con altri esempi, ma mi fermo qui, anche perché ognuno di noi avrebbe mille e mille altri esempi da elencare.
Questa è la premessa.
La questione della segreteria del Partito Democratico del Lazio, quindi, è davvero l’ultimo dei problemi. O, almeno, uno degli ultimi.
Però, c’è sempre un però, non vuol dire che non esista anche questo un problema. Specialmente se in discussione sono state poste le regole del gioco. Del gioco democratico, in un partito che dovrebbe essere democratico.
Negli ultimi giorni si sono inseguite le notizie in merito alla scelta di azzerare gli organi del Partito nel Lazio e di sostituirli con un commissario.
Perché procedere alla nomina di un segretario? Ma prima ancora, è legittimo procedere alla sua nomina, pur in presenza di un’Assemblea legittimamente eletta dagli iscritti al PD, dal popolo del PD?
Purtroppo la risposta è no. Anzi, tre volte no.
No, perché l’art. 17 dello Statuto Nazionale del Partito Democratico prevede la possibilità della nomina di un segretario solo in particolari e straordinarie ipotesi, connotate da necessità e urgenza per gravi e ripetute violazioni dello Statuto e del Codice etico. Ma nel Lazio non si è verificato nulla di tutto questo. Qui nel Lazio si è verificata solamente una crisi politica che ha portato alle quasi dimissioni del segretario in carica e alla quasi elezione di un altro candidato da parte dell’Assemblea. Ma nessuna violazione Statutaria o del Codice etico. La nomina di un commissario senza il rispetto delle regole Statutarie, quindi, sarebbe priva di ogni legittimazione statutaria.
No, perché siamo un partito politico e le soluzioni devono essere condivise politicamente e mai imposte. Una soluzione politica, perché è di politica che stiamo parlando. Di politica e di rispetto delle regole che ci siamo dati, perché quelle regole ce le siamo date noi. Altrimenti, e non dovremmo mai stancarci di ricordarlo, non saremo più credibili quando vogliamo combattere le nostre battaglie sul rispetto delle regole e della legalità.
No, perché le soluzioni – a volerle vedere – sono già tracciate nel nostro Statuto e finché quello Statuto esiste, deve essere rispettato.
Quali sono queste soluzioni? Eccole, Statuto regionale alla mano, pronte per l’uso.
E’ ancora possibile convocare l’Assemblea Regionale, perché l’art. 3, comma 5 dello Statuto regionale prevede che “se il Segretario cessa dalla carica prima del termine del suo mandato, l’assemblea può eleggere un nuovo segretario per la parte restante del mandato” e non che venga nominato un segretario.
E se non fosse più possibile trovare una soluzione all’interno dell’Assemblea la soluzione non potrebbe essere che una. Le primarie, perché è lo Statuto Nazionale che lo prevede all’art. 15, comma 8, dove viene espressamente affermato che, nel caso in cui nessuna candidatura sia approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea, si procede a nuove elezioni per il Segretario e per l’Assemblea.
Tanto nell’uno, che nell’altro caso, non esistono ragioni valide per nominare un segretario.
Anche se è l’ultimo dei problemi, non merita l'ultima delle soluzioni. Cerchiamo di risolverlo nel modo che dovrebbe caratterizzare il nostro Partito. Cerchiamo di risolverlo condividendo una scelta politica e non accettando di avere, tutti, miseramente fallito.
Ernesto Maria Ruffini
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