articolo di Paolo Balduzzi e Alessandro Rosina pubblicato su www.lavoce.info
L’Italia è uno dei paesi sviluppati che presentano maggiori squilibri generazionali e, in particolare, con classe dirigente più anziana. Ma è anche uno dei paesi che meno sono cresciuti negli ultimi anni, come ripetutamente ricordato, tra gli altri, dal governatore della Banca d'Italia.
LA QUESTIONE
Esiste, soprattutto, un enorme e crescente problema di accountability della politica italiana. Un macigno che pesa sullo sviluppo del paese in modo non inferiore a quello del debito pubblico. Molti sondaggi documentano, del resto, la perdita di credibilità e fiducia verso partiti e istituzioni, soprattutto da parte dei giovani. Un problema che non riguarda solo l’attuale governo, ma anche l’opposizione.
La convention dei trentenni democratici guidati da Matteo Renzi e Giuseppe Civati, che si è tenuta il 5-7 novembre a Firenze, è stata l’espressione chiara di una crescente insofferenza generazionale verso l’incapacità del paese di rinnovarsi e di affrontare i nodi veri della crescita. Se ci si trova da vent’anni con gli stessi leader e gli stessi problemi, significa che qualcosa non funziona e che con le buone o con le cattive una nuova stagione va iniziata. Questo, in sostanza, il pensiero di fondo.
Se i giovani sono il motore del cambiamento, esiste una questione sia di scarso peso che di scarso spazio che questi potenziali agenti del cambiamento hanno e trovano in Italia. Per misurare il “degiovanimento” della società italiana e valutarne le implicazioni, abbiamo costruito un indicatore che mette assieme sia gli aspetti demografici che di partecipazione politica potenziale.
UN INDICATORE DEL PESO POLITICO POTENZIALE DEI GIOVANI
La Costituzione italiana fissa dei vincoli di elettorato passivo a 25 anni per la Camera e a 40 anni per il Senato, con un ulteriore vincolo a 25 anni per l’elettorato attivo in questo secondo caso. Come abbiamo già messo in luce in un precedente contributo, questi vincoli non hanno eguali in Europa. Grazie alle dinamiche demografiche e all'inerzia nel riadattare e rivedere le regole del gioco della partecipazione democratica, i giovani italiani sono tra quelli con minor peso politico nel mondo occidentale. L’indicatore che proponiamo consente di misurare la combinazione di questi aspetti e di poter effettuare confronti e simulazioni.
L’obiettivo è quello di misurare il grado di potere politico potenziale degli under 40 sulla base di due fattori. Da un lato, c’è l’aspetto demografico che entra attraverso la percentuale di popolazione under 40; dall’altro, quello dei vincoli anagrafici che limitano i diritti di elettorato attivo e passivo. A tal fine, l’indicatore proposto è legato inversamente alle età al voto ed è normalizzato in modo che il punto di riferimento sia l’unità. In questo modo, a rapporti più elevati corrispondono condizioni di accesso più favorevoli ai giovani, mentre a rapporti meno elevati corrispondono condizioni peggiori. In questo momento storico (ma probabilmente sarà vero per molti altri anni), l’età minima di elettorato attivo è 16 anni mentre quella di elettorato passivo è 18 anni. Quindi ogni paese che preveda queste età avrà un valore pari a 1. Tutto questo, poi, ponderato con la consistenza della popolazione giovanile under 40.
L’Italia occupa l’ultimo posto per potere politico potenziale degli under 40. Al primo posto, invece, l’Irlanda, il cui valore è molto influenzato dall’elevatissima quota di under 40 nella popolazione, circa il 60 per cento.
Il significato dell’indice è chiaro: gli under 40 hanno potere politico potenziale se sono numericamente consistenti, ma al contempo hanno possibilità di essere politicamente influenti. In Italia entrambi questi due aspetti sono carenti. Come migliorare la situazione? Con minori vincoli anagrafici e maggiore partecipazione.
MINORI VINCOLI ANAGRAFICI
Si è tornato a parlare di cambiamento della legge elettorale. Ma sembra dimenticato o congelato il problema cruciale dei vincoli anagrafici di accesso al voto.
Con il nostro indicatore è possibile valutare l’impatto di riforme sull’età di elettorato attivo e passivo. Per esempio, se in Parlamento fosse possibile accedere a partire dai diciotto anni di età, il valore dell’indice in Italia passerebbe da 0,36 a 0,43, superando quello di Germania e Francia. Se inoltre fosse possibile votare a partire dai 16 anni, il valore salirebbe fino a 0,455, un valore addirittura superiore alla media (0,45). Infine, l’indicatore permette anche di fare confronti nel tempo. Il confronto è particolarmente utile per valutare sia l’andamento in base all’evoluzione demografica di un paese sia l’effetto di alcune riforme politiche, come l’abbassamento della maggiore età da 21 a 18 anni nel 1975. Specificamente, il cambiamento ha provocato un rialzo da 0,433 a 0,463,più che annullato dalle successive dinamiche demografiche, che hanno poi progressivamente ribassato il livello all’attuale 0,36 circa.
MAGGIOR PARTECIPAZIONE
Questo è però solo un indicatore potenziale. Se ci fossero una politica lungimirante e meccanismi di ricambio generazionale adeguati, il peso effettivo delle nuove generazioni potrebbe risultare meno leggero di quello potenziale. Ma se accade il viceversa, le possibilità per i giovani di contare nelle scelte pubbliche e dare un proprio apporto pieno alle decisioni che condizionano il futuro del Paese, risultano ancor più ridotte.
Ma fino a che punto minor rinnovo della classe dirigente e maggior accanimento nel mantenere a lungo le leve del potere sono legati alle più generali performance negative del sistema Italia? A titolo meramente esemplificativo, è interessante notare che se mettiamo in relazione l’indicatore costruito con quello che misura i livelli di transparency e accountability nei vari Paesi, si ottiene una associazione sensibilmente positiva. L’indicatore utilizzato è il noto Corruption Perceptions Index. Ma risultati simili si ottengono anche in relazione alla crescita economica e ai livelli di innovazione.
Insomma, i dati empirici non danno torto ai “rottamatori”. Anzi, suggeriscono che la carenza di peso demografico necessiti di essere compensata da un surplus di motivazione e determinazione al protagonismo delle nuove generazioni.
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