Sull'ultimo numero di Micromega è stato pubblicato un interessante articolo di Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta, intitolato “Don Rodrigo e la Costituzione”.
Cercherò di farne una sintesi riportando i punti che più condivido.
"Nella sua analisi il magistrato siciliano confronta i vari periodi storici italiani (dalla Sicilia feudale ad oggi) ed elenca gli attacchi sempre più pressanti del potere politico alla nostra costituzione nel corso degli anni.
Il giudizio che l’autore esprime sugli italiani è pessimo, la storia ci propone un popolo pre-repubblica per la maggior parte contadino, condannato all’ignoranza, alla superstizione, da secoli plagiato dalla cultura oscurantista clericale , ostile allo Stato liberale.
Un popolo supino all’etica dell’obbedienza al superiore, che delega la gestione del proprio destino individuale e collettivo alle autorità. Autorità che discendeva da Dio il quale ne investiva il papa che a sua volta ne investiva il sovrano, gestore del potere temporale.
Un paese dove anche la giustizia era la voce del padrone: forte con i deboli e debole con i forti.
Come sia possibile che un popolo con una storia feudale ed illiberale alle spalle , abbia potuto esprimere e darsi una costituzione che per unanime riconoscimento internazionale, costituisce uno dei massimi vertici della cultura europea dello stato democratico di diritto?
La risposta, per l’autore, è semplice: la Costituzione del 1948, non fu espressione della maggioranza dell’Italia reale ma di alcune minoranze.
A seguito della sconfitta della seconda guerra mondiale e al crollo momentaneo della vecchia classe dirigente fascista, mentre il paese è allo sbando , si apre nel dopoguerra uno spazio provvisorio che assegna il timone del comando a ristrette élite culturali: gli uomini della resistenza, i migliori esponenti della cultura liberale prefascista e quelli del riformismo cattolico costretti all’esilio.
La grandezza dell’opera dei costituenti fu che essi pur discordi nelle ideologie, furono d’accordo nel desiderare un sistema di libertà autentico e valido e quindi guardarono ai problemi dell’organizzazione dello Stato con l’animo degli uomini di opposizione.
La nostra Costituzione superò noi stessi e la nostra storia, fu gettato il cuore oltre l’ostacolo.
Ma a causa di questa sua fragilità di fondamenta data dal fatto che non rispecchiava la costituzione materiale del paese e non era espressione delle culture illiberali e antidemocratiche delle maggioranze , la Costituzione avrà vita difficile nei decenni successivi.
Nonostante questa vulnerabilità la carta fondamentale ancora resiste grazie sostanzialmente a tre fattori determinanti:
1) Il bipolarismo internazionale
2) L’esistenza in Italia di una delle classi operaie più forte e politicizzate d’occidente.
3) La creazione dei padri costituenti di alcune cellule salvavita.
Dagli anni 90 del secolo scorso, venuti meno i primi due fattori la costituzione è divenuta un vaso di coccio tra vasi di ferro delle maggioranze che da anni ormai puntano a modificarla, a svuotarla con progetti di riforma, leggi ordinarie ma di sostanza costituzionale, prassi politiche.
Sopravvive grazie ad alcune enclave istituzionali protette, come quelle della Corte Costituzionale (recentemente definita covo di comunisti dal presidente del consiglio) e dell’ordine giudiziario nei cui confronti, non a caso, si è scaricata tutta la pressione del sistema.
Quel che appare significativo è che la mancata interiorizzazione dei valori costituzionali appare trasversale tra gli schieramenti.
Mentre è inutile ricordare i provvedimenti in tal senso da parte del centro destra il magistrato sottolinea le amnesie del centro sinistra (mancato regolamento del conflitto di interessi, la bozza Boato, ecc.) .
Quello a cui si sta assistendo è un vero e proprio ritorno al feudalesimo:
• la sovranità popolare svuotata mediante la privazione del diritto di scegliersi i propri rappresentanti
• il ridimensionamento della separazione tra potere esecutivo e legislativo
• la riconduzione della magistratura sotto il potere dell’esecutivo
• la sistematica occupazione di tutti gli spazi dell’informazione da parte degli oligarchi di partito
• la legittimazione del conflitto di interessi .
Il neofeudalesimo italiano affollato di tanti vassalli in cerca del loro principe, di tanti sudditi contenti di esserlo, da tanti intellettuali la cui massima aspirazione è di divenire il “consigliori” del principe di turno e di essere iscritti nel suo libro paga, sembra essere una riedizione storica più vera ed autentica del paese.
Roberto Scarpinato conclude scrivendo che è tempo che ciascuno assuma su di se l’onere e la responsabilità di aiutare il vecchio a morire per consentire al nuovo di nascere. Giacché il futuro non è il tempo che viene e sopraggiunge. Il futuro è il tempo che si costruisce insieme.
Concludiamo citando Salvemini: “Ciascuno di noi troverà nell’avvenire quel tanto che vi avrà messo di se stesso. Solo chi si arrende ai fatti non vi troverà nulla, perché vi avrà messo nulla”."
Andrea De Filippis
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