Nel 1996 Giorgio Gaber scrisse un monologo sulla democrazia dove tra l'altro diceva: «Io, da quando mi ricordo, sono sempre stato democratico, non per scelta, per nascita. Come uno che quando nasce è cattolico, apostolico, romano».
Giorgio Gaber era nato nel 1939. E dunque non era propriamente un democratico "per nascita". Ma poteva a buon diritto collocarsi nella categoria perché i suoi primi ricordi e tutta la sua formazione erano avvenuti in un paese democratico.
A fare un po' di conti ormai siamo quasi tutti "democratici per nascita". Solo gli ultraottantenni sono esclusi dalla categoria perché conservano ancora qualche ricordo dei nostri tempi non-democratici. Ma per avere ricordi adulti e maturi, per aver vissuto il fascismo da maggiorenni e averne memoria, di anni bisogna averne una novantina ed essere in buona salute.
Aveva ragione Gaber: siamo quasi democratici come siamo quasi battezzati. Anche se poi le statistiche ci dicono che solo tre di noi su dieci vanno in chiesa tutte le domeniche. Non è che gli altri non si dicano cattolici - gli atei dichiarati restano una minoranza - è solo che andiamo in chiesa quando occorre. Per i battesimi, appunto, e poi per i funerali e i matrimoni. Tanto la chiesa c'è sempre. È là da Duemila anni.
La democrazia invece no. Basta sfogliare distrattamente un libro di storia per rendersene conto. Oppure si può andare a fare due chiacchiere con i vecchi. L'avete notato? I vecchi, i nostri grandi vecchi come Scalfaro e Ciampi e, con la discrezione che il ruolo gli impone, il presidente Napolitano, sono i più preoccupati per la tenuta della democrazia. Sicuramente perché, non essendo "democratici per nascita" sanno che è un bene precario. Infatti i primi allarmi per la tenuta della democrazia italiana, quando l'avventura berlusconiana era appena cominciata, li lanciarono altri vecchi troppo vecchi per essere ancora vivi, come Norberto Bobbio.
Bene, oggi in Italia - a Roma, in piazza Navona - si svolge una manifestazione per la difesa della democrazia. Non è la prima, certo. In effetti noi "democratici battezzati" di "manifestazioni democratiche" ne abbiamo fatte a centinaia da quand'eravamo ragazzi, fino a ubriacarcene e a perderne il senso. Da un po' di tempo, invece, stiamo maturando lo stato d'animo dei "democratici per scelta": facciamo le manifestazioni con la sensazione precisa che la democrazia sia a rischio. E che lo sia per la semplice ragione che, dopo aver strangolato la stampa, occupato militarmente le tv, la maggioranza di governo si è resa conto che nemmeno questo è più sufficiente a nascondere le gesta di alcuni dei malfattori che ne fanno parte: condannati per mafia, inquisiti per camorra, corrotti. Questo schifo il paese, benché stordito, non è ancora in grado di sopportarlo. Bisogna impedire - e al più presto, come dimostrano le vicende politiche di ieri - che i delinquenti vengano scoperti. E se per disgrazia succede, bisogna impedire che vengano raccontati. La privacy (che i loro giornali-spazzatura sono i primi a non rispettare) non ha nulla a che vedere con la vergogna della legge-bavaglio.
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